Aumentate le richieste di aiuto per i disturbi alimentari
Si tratta di disturbi psichiatrici con risvolti nutrizionali e metabolici che possono mettere a rischio la vita di chi ne è affetto, con percentuali di morte che nella fascia 12-25 anni sono seconde solo a quelle degli incidenti stradali.
"Noi non lasceremo solo chi soffre di un disturbo alimentare, chiediamo al Governo di fare altrettanto. Nonostante i tagli inseriti nella legge di bilancio, la Regione si impegna a garantire la cura di queste persone”. Così l’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini, rassicura i pazienti e i loro familiari anche della Provincia di Reggio Emilia, preoccupati dalle voci di chiusura dei centri che si occupano di queste patologie.
Aumentate le richieste di aiuto per i disturbi alimentari
REGGIO EMILIA - Come riporta Prima Modena, i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione rappresentano un gruppo di condizioni caratterizzate da marcata compromissione medica e psicopatologica, con un diretto impatto sullo sviluppo delle persone affette e dei loro familiari. L’eziopatogenesi è complessa e la difficoltà della gestione familiare è significativa. L’esordio avviene quasi sempre in età evolutiva.
Si tratta di disturbi psichiatrici con risvolti nutrizionali e metabolici che possono mettere a rischio la vita di chi ne è affetto, con percentuali di morte che nella fascia 12-25 anni sono seconde solo a quelle degli incidenti stradali. Non è un caso se la documentazione scientifica nazionale ed internazionale raccomandi di porre la massima attenzione alla gravità e alla complessità psichiatrica, psicologica e metabolico-nutrizionale del quadro, per predisporre piani precoci ed individualizzati di trattamento quanto più rispondenti alle necessità del paziente, della sua famiglia e dell’intero contesto di riferimento.
Superare la frammentarietà
Occorre superare la frammentarietà dell’intervento e promuovere una presa in carico con un approccio basato su una rete multidisciplinare integrata di servizi, che possa offrire tutti i livelli di cura, da quello ambulatoriale a quello residenziale.
La sfida assistenziale è insomma legata al buon lavoro in equipe multiprofessionale, alla prevenzione e al riconoscimento precoce dei disturbi, alla presa in carico del paziente e della sua famiglia, al lavoro di rete organizzato su più livelli e alla ricerca. Occorre facilitare la richiesta di aiuto, le conoscenze, l’accesso alle cure e soprattutto garantire la stabilità delle risorse impiegate su tutti i livelli di assistenza (dagli ambulatori ai Day Service, dai ricoveri giornalieri alla riabilitazione intensiva o estensiva residenziale).
I rischi di un mancato finanziamento
Il Fondo per il contrasto dei DNA è stato istituito nel 2003 e prevede complessivamente 25 milioni di euro su scala nazionale, di cui 1,8 milioni per la Regione Emilia-Romagna. Questi fondi hanno consentito di stabilizzare e consolidare il modello organizzativo della rete ambulatoriale basato sull’équipe multidisciplinare, sostenere la definizione, la pubblicazione e l’implementazione del Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) DNA in ogni Azienda USL, attuare trattamenti di cura basati sulle evidenze scientifiche.
Formazione regionale
Non solo: la Regione ha potuto applicare gli standard di riferimento per le Unità di ricovero ospedaliero metabolico-nutrizionale urgente in degenza ordinaria, realizzare una formazione regionale co-progettata dall’Università degli Studi di Bologna, garantire interventi a supporto delle famiglie.
Anziché consolidare le risorse specializzate e competenti dedicate al trattamento dei DNA per garantire la tempestività e la continuità delle cure, il mancato rifinanziamento avrebbe conseguenze significativamente negative.
Si rischia un peggioramento
Non curarsi, interrompere le cure o ricorrere a cure non adeguate può infatti condurre ad un peggioramento della prognosi e all’aumento del rischio di cronicizzazione. La riduzione delle risorse necessarie diminuirebbe infatti l’efficacia del trattamento ambulatoriale con il successivo maggiore ricorso ai ricoveri ospedalieri o a trattamenti riabilitativi più intensivi che presentano un costo molto elevato per il Servizio Sanitario Nazionale.
I numeri in Emilia - Romagna
In Emilia - Romagna nel 2021 sono stati 2.008 i pazienti presi in carico per disturbi del comportamento alimentare, tra Centri di salute mentale (1.379 persone) e Neuropsichiatrie dell’infanzia e dell’adolescenza(629): un aumento complessivo del 27,5% rispetto all’anno precedente (1.575).
Il 92 per cento è di sesso femminile
Alcune situazioni diventano così gravi da richiedere il ricovero ospedaliero : complessivamente 856 persone di tutte le età, di cui 701 donne (l’81,9%) Il 91,7% (esattamente 1.264) degli assistiti nei Centri di salute mentale è di
sesso femminile, mentre i maschi sono 115 (l’8,3%). La prevalenza della componente femminile si riscontra anche nei servizi per la presa in carico dei più giovani (Neuropsichiatrie dell’infanzia e dell’adolescenza ) con 587 assistiti (pari al 93,3%).
Una età compresa tra 12 e 30 anni
Per quanto riguarda le fasce d’età, oltre due terzi degli assistiti (1.396, pari al 69,5% ) si concentra tra i 12 e i 30 anni, con un incremento del 51,9% complessivo e del 124,4% tra i minori, rispetto al 2016, complice anche la pandemia da Covid che si è fatta sentire con forza sulla salute mentale, in particolare sui disturbi alimentari, rendendone l’esordio più precoce.
Aumentate le richieste di aiuto
Sono infatti aumentate le richieste di aiuto e si sono acuiti i disturbi alimentari preesistenti. In questa fascia di età sono stati 461 i casi in cui si è reso necessario uno o più ricoveri.
Quanto alle diagnosi dei singoli disturbi dell’alimentazione, tra i problemi più frequenti ci sono: l’anoressia nervosa che comprende il 38,01% dei casi e la bulimia con il 26,5% di casi. (foto Casa di cura Fogliani)