L'operazione

Attentato Charlie Hebdo, smantellata cellula terroristica: uno dei vertici viveva a Fabbrico

Si tratta di Yaseen Tahir, 24 anni, pakistano, operaio nel settore metalmeccanico

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Sembrava un operaio come tanti altri... ma quell'impiego era solo una copertura. In realtà pianificava attentati anche contro il nostro Paese.

Attentato Charlie Hebdo, smantellata cellula terroristica

Viveva a Fabbrico, impiegato come operaio nel settore metalmeccanico. Ma aveva una seconda vita: secondo la Digos di Reggio Emilia che lo teneva d'occhio da più di un anno era direttamente coinvolto con un ruolo anche importante in una rete internazionale di terrorismo. Non una qualunque, ma quel "Gruppo Gabar" di matrice jihadista collegata a uno degli attentatori di Charlie Hebdo in Francia.

Uno dei vertici viveva a Fabbrico

Si tratta di Yaseen Tahir, 24 anni, pakistano, operaio, come detto, che alle 4 della notte scorsa è stato raggiunto dal personale della Polizia ed è stato prelevato dalla sua abitazione di via Trieste dopo una lunga indagine basata su complesse intercettazioni telefoniche e ambientali, miscelando le informazioni trapelate dal tracciamento dei gps, sfruttando anche le immagini delle telecamere di sorveglianza e le celle dei cellulari.

Non aveva famiglia e cambiava spesso lavoro

Nel momento dell'arresto, il presunto capo del gruppo Reggiano, era solo in casa. Sembra che non abbia famiglia, e che questo status sociale gli permettesse di essere assai agile nello spostarsi su tutto il territorio nazionale e non solo. Cambiava spesso lavoro e non si esclude (anzi la si ritiene una pista più che accreditata) che attorno al giovane ruotassero altre figure. L'estate scorsa, sempre a Fabbrico, pare ci sarebbero stati diversi incontri tra vertici e basisti dell'organizzazione terroristica.

L'operazione e l'arresto

Elementi, come riporta Prima Treviso, residenti anche in Veneto, a Pieve di Soligo per essere precisi. L'operazione coordinata dalla Dda e dall'antiterrorismo di Genova, è partita dalle informazioni acquisite nel pieno della pandemia, nel 2020. l'intelligence nazionale aveva infatti segnalato persone vicine al circuito di Hassan Zaheer Mahmood, il pakistano che il 24 settembre di due anni fa, a Parigi, nei pressi della sede del giornale satirico Charlie Hebdo, ferì a colpi di machete due persone (entrambi dipendenti della società di produzione televisiva Premières Lignes Television) proprio nei giorni in cui era in corso il processo per l'attentato alla sede della rivista il 7 gennaio del 2015.

Quella foto con l'attentatore di Charlie Hebdo

Nel mese di aprile del 2021 il 24enne arrestato a Fabbrico è rientrato in Italia dalla Francia dopo essere stato arrestato lì per aver portato addosso un coltello di grandi dimensioni. Prima si era fermato a Chiavari, poi appunto, nella provincia di Reggio Emilia. E qui ha iniziato il suo "lavoro" per convertire altri soggetti alla causa jihadista. Il giovane, infatti, promuoveva la formazione di una cellula operante in Italia attraverso il reclutamento, l'individuazione di una base, l'acquisto di armi d'assalto, offrendo dell'ospitalità e dei contatti con vertici dell'organizzazione internazionale.

Tra questi anche l'attentatore di Charlie Hebdo. Due mesi prima dell'attentato di settembre del 2020, e questo è un elemento importante, alcuni di loro avevano scattato una foto ricordo insieme a lui sotto la Tour Eiffel, con una didascalia davvero inquietante. Si leggeva:

"Abbiate un po' di pazienza, ci vediamo sui campi di battaglia"...

Il ministro Lamorgese ha espresso il suo "profondo apprezzamento alla Polizia di Stato per la vasta e complessa operazione di contrasto al terrorismo di matrice jihadista che ha portato all’esecuzione di numerose ordinanze di custodia cautelare, disposte dalla autorità giudiziaria di Genova, nei confronti di cittadini stranieri accusati di associazione terroristica internazionale".

"La costante attività di prevenzione e il monitoraggio della rete alla quale si affida il radicalismo di natura jihadista – ha detto la responsabile del Viminale - dimostrano come la magistratura e le Forze di polizia tengano alta la guardia, conseguendo importanti risultati investigativi ed operativi anche grazie a una stretta collaborazione con le autorità di altri Paesi minacciati dal terrorismo internazionale".

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